L’industria 4.0 italiana continua la sua corsa. Tra soluzioni IT, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati, il mercato ha sfondato quota 2,3 miliardi di euro nel 2017, registrando una crescita del 30% rispetto all’anno precedente e un raddoppio nell’arco dell’ultimo triennio. La quota export si attesta sul 16% mentre si attesta ai massimi il livello di consapevolezza: solo il 2,5% delle imprese dichiara di non conoscere il tema (due anni fa era quasi il 40%).
Sono queste le principali evidenze della nuova edizione dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, che ha passato ai raggi X il mercato italiano dell’industria 4.0 confermando l’effetto traino del Piano nazionale lanciato un anno e mezzo fa. La componentistica per l’industria basata sui paradigmi dell’Internet of Thing continua a guidare la cavalcata con un valore di circa 1,4 miliardi di euro (60% del mercato, in aumento del 30% rispetto al 2016). Seguono gli analytics (410 milioni, +25% anno su anno) e il cloud manufacturing (200 milioni, +35%). L’8% del mercato è rappresentato da soluzioni di automazione avanzata (145 milioni), mentre la componente advanced human machine interface è la prima per crescita rispetto allo scorso anno (+50%) pur valendo appena 30 milioni.
“Negli ultimi due anni il mercato della digitalizzazione industriale è quasi raddoppiato, spinto da una politica industriale moderna e rafforzato dagli incentivi, mentre la consapevolezza di Industria 4.0 e la conoscenza delle nuove tecnologie sono ormai diffuse in quasi tutte le realtà produttive del Paese – spiegano Alessandro Perego, Andrea Sianesi e Marco Taisch, responsabili scientifici dell’Osservatorio Industria 4.0 – Ora è necessario che ogni impresa allinei questa maturità digitale ai propri obiettivi di business, partendo dal fatto che le nuove tecnologie sono il fondamento di Industria4.0 e non il suo punto di arrivo, ripensando processi e modelli organizzativi nel difficile equilibrio tra gestione operativa, miglioramento continuo e innovazione radicale”. Spicca la consapevolezza diffusa: il 2,5% non sa cosa sia l’industria 4.0, il 15% è in fase esplorativa mentre il 55% dichiara di aver già implementato soluzioni 4.0.
L’Osservatorio del Politecnico di Milano giudica “molto positivo” l’impatto del cosiddetto Piano Calenda per il sostegno allo sviluppo dell’industria 4.0 in Italia: il 92% delle aziende ne conosce le misure (l’84% un anno fa), la metà dichiara di aver già usufruito di forme di iper e superammortamento per il rinnovo dei propri asset e una su quattro ha intenzione di farlo a breve. La distribuzione degli investimenti che sfruttano queste forme di incentivo è variegata, con il 25% delle imprese che ha investito più di tre milioni di euro e il 20% che ha destinato meno di 200mila euro. Con riferimento al credito d’imposta previsto per la formazione 4.0, sei aziende su dieci dichiarano che ne vorranno usufruire.
Rispetto alle competenze digitali, il 50% delle imprese dichiara di aver già concluso o avviato una valutazione delle competenze 4.0 e più di una su quattro (26%) ha intenzione di farlo in futuro. La valutazione interessa tutte le funzioni aziendali (la produzione in particolare) e tutte le figure presenti in azienda, dagli operai ai manager fino all’imprenditore. Da queste analisi emergono 5 competenze principali necessarie per abilitare la trasformazione 4.0: applicazione lean manufacturing 4.0, gestione della supply chain digitale, cyber-security, manutenzione smart e relazione persona/macchina. In media, circa il 30% delle aziende dichiara di sentirsi preparata per affrontare l’Industria 4.0. Tra le rimanenti, il 24% di queste intende colmare il divario attraverso la formazione del personale e l’11% acquisendo le competenze mancanti all’esterno, mentre una minoranza afferma che l’azienda si è già dotata di un piano strutturato per la formazione o la selezione delle competenze 4.0. Per formare il personale, il 60% ha deciso di usufruire del credito di imposta per la formazione 4.0 o ci sta pensando, mentre il 19% ancora non conosce questo incentivo.
“Nel complesso, dai risultati dell’indagine emerge un quadro incoraggiante, con la maggior parte delle imprese che ha ormai compreso l’importanza delle competenze 4.0 e ha avviato percorsi per valutare i fabbisogni e avvalersi degli incentivi per la formazione, mentre sono all’orizzonte piani e investimenti per portare le competenze 4.0 nel cuore della manifattura italiana — commenta Sergio Terzi, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 — Si osserva ancora tuttavia una certa marginalità del ruolo delle risorse umane, nella valutazione delle competenze come nello sviluppo della strategia di Industria 4.0. Mentre per costruire una manifattura 4.0 sostenibile dal punto di vista economico, sociale e umano, il pieno coinvolgimento delle Direzioni HR è un passaggio di fondamentale importanza”.
Per quel che riguarda infine le startup, quelle attive sul segmento industry 4.0 finanziate a livello internazionale nate tra il 2013 e il 2018 sono 215. Negli ultimi sei anni hanno raccolto finanziamenti complessivi per circa 2,5 miliardi di dollari, pari più o meno a 17,8 milioni di dollari per startup. L’Italia ne ospita 24 anche se nel nostro Paese i finanziamenti medi restano al di sotto della media europea di 500mila dollari.